Storia dell'Alfa Romeo serie 116
Alla fine degli anni sessanta la grande spinta di vendite determinata dal progetto AR105 cominciava ad essere meno importante che negli anni precedenti. I modelli andavano tutti più meno bene, ma la concorrenza aveva imparato la lezione e cominciava a riconquistare l’interesse della clientela. C’era chi aveva accettato il guanto di sfida spingendo sull’acceleratore dell’innovazione tecnica e altri sulle nuove tendenze stilistiche, chi invece aveva puntato più sul confort e la praticità, ma era chiaro che le linee smussate, tondeggianti e le caratteristiche generali delle Giulia non avrebbe continuato ancora per molto tempo a soddisfare il gusto degli alfisti.
Giulia
GTV
Spider
Al Centro Stile Alfa Romeo, guidato da Giuseppe Scarnati, cominciarono a lavorare ad un nuovo progetto (AR116) di berlina sportiva, settore di mercato in cui le Alfa Romeo erano comunque considerate all’avanguardia. Ci fu anche una partecipazione di Giorgetto Giugiaro, che già nel 1968 era stato incaricato di progettare il nuovo coupé del biscione, che poi divenne l’Alfetta GT. Le linee erano più squadrate, lisce e spigolose, aggressive e filanti, più vicine allo stile di vettura che andava delineandosi nei gusti estetici di quegli anni.
Oltre all’estetica venne considerato anche l’aspetto tecnico. Per aumentare la stabilità della vettura si utilizzò un schema di posizionamento dei pesi che migliorava l’assetto, già utilizzato nel 1950 e 1951 nelle Formula 1 Tipo 158 e 159: motore anteriore e il blocco cambio, frizione e differenziale nel posteriore. Venne scelto anche di utilizzare il nomignolo con cui i tifosi avevano soprannominato quelle vetture che vinsero il campionato, “Alfetta”.
Disegni preparatori
Prototipo in prova
Prototipo in sosta
Dopo una serie di tentennamenti e ripensamenti da parte della dirigenza, venne infine ufficialmente presentata al pubblico nel maggio del 1972. Era cominciata l’era dell’Alfetta, una vettura che si dimostro subito di ottimo livello, sia nelle prestazioni che nello stile.
Alfetta
Disegno Alfetta
Alfetta
Il successo mondiale delle Giulia aveva aperto tantissime porte, ma anche alzato notevolmente l’asticella rispetto alla concorrenza. Questo non si trasformò però in un reale vantaggio per la casa di Arese. Vennero aperti troppi fronti insieme. La Giulia andava verso la fine della sua “corsa”, ma vendeva discretamente bene e l’azienda la lasciava ancora in prodizione. L’Alfasud era uscita poco prima dell’Alfetta e anche se era partita con i migliori presupposti, progetto Italdesign di Giugiaro e un ottimo motore Boxer con trazione anteriore, non brillava per le vendite e il consenso del pubblico. In questa atmosfera decisamente critica le novità di assetto introdotte sull’Alfetta suscitarono anche una disputa tra gli alfisti e anche se il nuovo modello aveva guadagnato moltissimo in tenuta di strada e stabilità, i lunghi e complessi leveraggi del cambio avevano reso gli innesti meno dolci e troppo diretti, rispetto ai modelli precedenti. L’azienda indecisa sul da farsi lasciò in produzione fino al 1977 le Giulia, causando una concorrenza interna, che oltre a quella esterna, non favorì il passaggio della clientela all’acquisto della nuova Alfetta.
Un progetto nato bene, innovativo e efficiente, che rappresentava un passo avanti importante rispetto alla produzione precedente, venne lanciato sul mercato senza quella convinzione e determinazione che aveva invece determinato il successo dell’Alfa Romeo negli anni sessanta e questo modo “indeciso” della dirigenza determinò anche il futuro dell’Alfetta. I costi di produzione erano aumentati e il prezzo di vendita di conseguenza era quello di una berlina sportiva di fascia alta, ma la qualità dei componenti che aveva contraddistinto il marchio Alfa Romeo non era più lo stesso. Plastiche scadenti e la poca cura nell’assemblaggio non valorizzava la qualità delle scelte tecniche. Il modello con diversi restyling, modifiche ed alterne vicende nelle fasi di vendita riuscì comunque a diventare il punto di riferimento nel mercato. La produzione andò avanti fino al 1984, quando l’Alfetta venne sostituita dall’Alfa 90 e poi uscì anche l’Alfa 75. L’assetto e l’impianto tecnico con la ripartizione dei pesi vettura (motore anteriore e gruppo cambio, frizione e differenziale posteriore) era sempre lo stesso e fu ancora il punto di forza delle vetture Alfa Romeo degli anni ottanta. L’assetto “Alfetta” venne abbandonato solo dopo il passaggio dell’azienda al Gruppo FIAT, con l’arrivo della 164 a trazione anteriore.
Alfetta Tipo 158
Alfetta insieme alla 158
Alfetta Foto
Alfetta Foto
Alfetta Foto
Al successo della serie 116 contribuì anche e molto la versione GT. Il progetto di Giugiaro iniziò già verso la fine degli anni sessanta e puntò a valorizzare il meglio delle caratteristiche della Giulia GT, che aveva disegnato quando ancora faceva parte della Bertone. Su quella base ideò un’evoluzione degli spazi e dei volumi, migliorando l’inclinazione del parabrezza con il coefficiente di penetrazione nell’aria, le dimensioni interne e del bagagliaio, munito di portellone, rendendo una sportiva a quattro posti “veri” anche una macchina per famiglie. Dopo alcune prove con prototipi che vennero realizzati nell’arco di diversi anni, nel 1974 uscì il modello definitivo, l’Alfetta GT che utilizzava lo stesso telaio leggermente accorciato e motorizzata con lo stesso motore 1800 della versione berlina. Le impressioni della stampa specializzata, specialmente per quella straniera, furono subito positive e le vendite andarono di conseguenza.
Idea nuovo GT
Disegno Alfetta GT
Prove prototipo
Prototipo GT
Prototipo GT (fronte)
Alfetta GT fronte
Alfetta GT dietro
Nel 1977 per riuscire ad recuperare il mercato delle berline sportive di fascia bassa misero sul mercato anche la Nuova Giulietta (1.6 e 1.3). Anche se l’idea era quello di dare un’alternativa più economica rispetto all’Alfetta, complessivamente la Giulietta ricalcava le scelte fatte con la sorella maggiore e il peso non era molto minore, tanto da permettere alla versione 1.3 delle performance degne di un’auto uscita dalla catena di montaggio del biscione. Anche questo modello seguì la sorte delle sorelle della serie 116, una vita senza infamia e senza lodo, con piccoli picchi di celebrità per alcune versioni particolarmente azzeccate nelle colorazioni e motorizzazioni.
Giulietta 1.3
Giulietta 1.6
Insomma alla fine andò tutto bene? Non proprio! In realtà l’Alfa Romeo non ottenendo lo stesso successo raggiunto
con la Giulia per molti anni rimase sempre alla ricerca di una Alfetta che le permettesse di tornare leader del mercato,
ma non ci riuscì.
Le versioni 116 realizzate su base Berlina e GT furono molte. A volte con piccole produzioni e personalizzazioni
localizzate di pochi esemplari. Fin dall’inizio visto il calo delle vendite, crisi petrolifera e concorrenza,
venne scelto di trovare uno sbocco maggiore sul mercato continentale. Negli USA lo Spider andava bene e si scelse
di realizzata una versione Alfetta Sport Sedan che rispettava i regolamenti automobilistici statunitensi.
Sulla base di questa versione venero realizzate anche le altre versioni destinate all’estero: Regno Unito,
Germania, Francia, Australia, ecc. Lo stesso approccio venne utilizzato per la versione GT, con il risultato
di produzioni “limited edition” che andavano dai 20 ai 200 o ai 600 esemplari. Comunque sia le vendite Alfetta
all’estero non andarono alla grande. La clientela straniera era molto esigente in fatto di qualità della componentistica
e giudicava inaccettabili i difetti di assemblaggio e test delle vetture.
Quando la produzione Alfetta e Giulietta terminarono per fare posto alla 90 e alla 75, la situazione dell’azienda
era piuttosto critica. Di lì a poco l’azienda passò nelle mani del Gruppo FIAT e il marchio Alfa Romeo perse gran
parte del suo fascino e prestigio per molti anni.
Schema Alfetta
Schema Alfa 90